Eddie Aikau
Eddie Aikau: l’uomo che cavalcava le onde e guidava un popolo
Un’icona del surf. Un eroe hawaiano. Un simbolo di coraggio e spirito di sacrificio. Eddie Aikau è tutto questo, e molto di più.
In un momento cruciale per la storia delle Hawaii, mentre l’arcipelago stava vivendo le tensioni dell’annessione agli Stati Uniti, emerse una figura capace di incarnare l’anima più autentica dell’identità hawaiana. Edward Ryon Makuahanai Aikau — per tutti, semplicemente Eddie — non fu solo un surfista leggendario, ma anche un custode della cultura locale e una guida spirituale per un’intera comunità.
Le radici di un mito
Nato il 5 maggio 1946 a Kahului, Eddie era il terzo dei sei figli di Solomon e Henrietta Aikau. Cresciuto tra le onde e i profumi dell’isola, imparò a surfare nel porto della sua città natale, ma fu nel 1959, dopo il trasferimento della famiglia a Oʻahu, che la sua passione prese davvero forma. Abbandonò la scuola per lavorare in un conservificio di ananas: un lavoro faticoso, ma che gli permise di comprare la sua prima tavola da surf. Un investimento che avrebbe cambiato la sua vita — e quella di molti altri.
Bagnino, eroe e leggenda
Nel 1968 Eddie divenne bagnino sulla celebre North Shore di Oʻahu, pattugliando il tratto di costa tra Pupukea e Haleiwa. In un mare dove le onde possono superare i dieci metri, non ci fu una sola vittima durante i suoi turni. Un’impresa che gli valse, nel 1971, il titolo di Bagnino dell’anno.
Clyde Aikau, suo fratello minore, lo descrisse così:
“Nessuno faceva surf come Eddie. Decollava su un’onda enorme e spaventosa, e scendeva come un fratello con il sorriso più grande che tu abbia mai visto. Il resto di noi era nervoso. Eddie apparteneva a quel posto; era la sua casa.”

Hokuleʻa: il viaggio del destino
Nel 1978, Eddie si unì alla ciurma della Hōkūleʻa, una tradizionale imbarcazione polinesiana impegnata in una missione storica: ripercorrere le rotte degli antichi navigatori tra Hawaii e Tahiti, per oltre 4.000 km e senza strumenti moderni.
La partenza avvenne il 16 marzo. Pochi giorni dopo, però, la tragedia: lo scafo si capovolse a circa 19 km dall’isola di Molokaʻi. Eddie tentò l’impensabile. Salì sulla sua tavola e provò a raggiungere Lānaʻi per cercare aiuto. Fu l’ultima volta che qualcuno lo vide. Il suo corpo non fu mai ritrovato, ma la sua leggenda sì — quella è rimasta per sempre.
La successiva operazione di soccorso fu la più grande nella storia delle Hawaii. Ma la vera eredità lasciata da Eddie Aikau è molto più profonda.
“Eddie Would Go”
Oggi, il suo nome è inciso nella memoria collettiva non solo per ciò che ha fatto, ma per ciò che rappresenta. Il motto “Eddie Would Go” è diventato un mantra per chi vive il mare e la vita con coraggio, determinazione e spirito di sacrificio.
Eddie non si tirava mai indietro. Affrontava onde impossibili, salvava vite, proteggeva la sua cultura. È diventato il volto dell’altruismo hawaiano, il simbolo di una resistenza gentile ma incrollabile.
Ogni anno, quando le condizioni del mare lo permettono, il “The Eddie”, una delle gare di big wave surfing più prestigiose al mondo, viene organizzata in sua memoria. Un tributo a un uomo che non ha mai avuto paura di andare, anche quando il rischio era estremo.
La storia di Eddie Aikau è un intreccio di sport, cultura e sacrificio. Non è solo un capitolo epico del surf, ma una lezione di vita. Perché, come dicono ancora oggi sulle spiagge delle Hawaii,
“Eddie would go”. E anche noi dovremmo.