Rob Mendez – Il coach che guida con la testa
Football giovanile, strategia e resilienza: la storia vera di un allenatore senza arti che ha conquistato il campo
Nel mondo del football scolastico americano, il nome di Rob Mendez è diventato un simbolo di resilienza, competenza e passione. Trent’anni, californiano, nato con la tetra-amelia – una sindrome genetica rarissima che comporta l’assenza totale di arti – Mendez ha sfidato ogni aspettativa per realizzare il suo sogno: diventare un allenatore di football. Oggi guida la squadra junior della Prospect High School, conquistando giocatori e colleghi non per compassione, ma per la sua intelligenza tattica.
Un sogno nato con un joystick
Fin da bambino, Rob ha respirato football. Impossibilitato a giocare fisicamente, ha imparato le regole del gioco usando la console di gioco. Manovrava i comandi della PlayStation con il mento, giocando ore con la sorella e studiando strategie come un vero analista. In un torneo scolastico virtuale con 32 squadre, arrivò secondo. Quel risultato fece capire a tutti una cosa: non servono le braccia per capire il football. Serve la testa.
Dalla sideline al campo: il percorso di un coach
Quando i suoi amici entrarono nella squadra della high school, Rob fu accolto come team manager. Iniziò a osservare, prendere appunti, proporre schemi. Non voleva solo “esserci”, voleva contribuire. Dopo il diploma, ha lavorato per 12 anni come assistente in cinque scuole, rifiutando proposte da ospite motivazionale: “Non voglio ispirare parlando. Voglio allenare.” Non voleva essere un simbolo. Voleva essere un coach.

L’opportunità alla Prospect High School
Ad aprile 2022, la Prospect High School cerca un nuovo head coach. Vogliono rinnovare la cultura sportiva, trovano Rob online, lo contattano. Al primo incontro, Rob entra in palestra su una sedia elettronica manovrata con la testa. Silenzio. Qualcuno si alza e se ne va. Altri restano. La prima partita è una sconfitta. Poi, sette vittorie consecutive. I ragazzi iniziano ad ascoltarlo. I suoi schemi sono precisi, le sue letture del gioco efficaci. Il suo carisma è silenzioso ma costante.
Allenatore, non testimonial motivazionale
Rob continua a rifiutare offerte da migliaia di dollari per tenere speech motivazionali. Un’agenzia gli propone 25.000 $ per un singolo evento. Risposta? No. “Non voglio ispirare la gente parlando. Voglio farlo allenando.” Il campo resta il suo unico palco. Qui parla la sua competenza, non la sua condizione.
Una vita oltre il football
Rob non è solo un coach. È un atleta. Nuota, scia, gioca a hockey come portiere. Disegna e scrive usando il mento. Non lo fa per dimostrare qualcosa, ma perché non ha mai accettato limiti mentali, anche se imposti dal corpo.
“Diverso, non speciale
“Mio padre diceva sempre: non sei speciale. Sei diverso. E questo può essere un vantaggio, perché ti costringe ad andare oltre.” Questa è la filosofia di Rob Mendez: nessuna pietà, nessun alibi. Solo studio, fatica, crescita costante.

La storia per immagini di Ezra Shaw
La storia di Rob ha colpito anche Ezra Shaw, fotografo sportivo di fama internazionale. Shaw ha raccontato la vita e la visione di Mendez attraverso una serie di scatti potenti, raccolti nel reportage:
“Who says I can’t” di Ezra Shaw – Guarda il progetto completo
Abbiamo dedicato un articolo esclusivo nella rubrica Sguardi, che potete leggere qui.
Guardando avanti: il Super Bowl giovanile
Con la nuova stagione alle porte, l’obiettivo è ambizioso: guidare la Prospect High School al Super Bowl giovanile. Ma oggi, nessuno dubita più di lui. Né i ragazzi, né i colleghi, né gli avversari.
Perché nel football, come nella vita,
il vero comando non parte dalle mani. Parte dalla testa.