Bebe Vio
Una storia di sport, coraggio e vita
Bebe Vio è senza dubbio un simbolo della tenacia e della capacità di superare le difficoltà che la vita ci pone davanti.
Una dura malattia in gioventù, la disabilità, le vittorie, gli ori paralimpici.
Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio è un esempio per tutti noi.
Ecco perché è importante conoscere la storia di Bebe Vio:
chi è la più famosa atleta paralimpica italiana?
Le origini
Beatrice Maria Adelaide Marzia Vio Grandis, detta Bebe Vio, nasce a Venezia il 4 marzo 1997.
È sempre stata una bambina vivace, sportiva e socievole, con una particolare attitudine ad aiutare il prossimo, soprattutto i bambini.
La sua vita è sempre stata colma di interessi e grandi passioni:
la scuola, il disegno e la pittura, gli scout e soprattutto la scherma (ha cominciato a tirare di fioretto già a 6 anni, dimostrandosi subito molto portata).
La malattia
A undici anni, nel 2008, arriva la malattia: la meningite di tipo B.
La ragazza, purtroppo, non era vaccinata.
In merito, il padre dichiarò:
“A dieci anni aveva fatto la profilassi contro la meningite di tipo A.
Allora i sanitari ci dissero che era troppo piccola per sottoporla alla vaccinazione contro la B.
Per loro era meglio aspettare che compisse i quattordici anni.
Noi ci siamo fidati, d’altronde erano degli specialisti. Purtroppo ci siamo sbagliati: praticamente dodici mesi dopo mia figlia ha contratto il batterio.”

copyright: Art4Sport
Il percorso difficile
Nell’anno seguente arriva una degenza di tre mesi e mezzo in ospedale, con l’amputazione di avambracci e gambe ormai necrotizzati.
Il mondo si stravolge.
Bebe Vio non si lascia andare: chiede all’ospedale di dimetterla poco prima del suo compleanno, nonostante abbia ancora le ferite aperte.
Suo padre provvederà alle medicazioni, purtroppo senza morfina, sentendola urlare e piangere di dolor
Da qui, la svolta:
Bebe comunica al padre di volersi suicidare, di non poter continuare a vivere in questo modo.
Il padre affronta a muso duro la situazione dicendole che se davvero voleva morire avrebbe dovuto dirlo chiaro — e lui l’avrebbe aiutata portandola sul balcone al secondo piano perché potesse buttarsi.
Questa risposta la lascia sgomenta.
Ed è qui che arriva la frase chiave che ha fatto nascere la campionessa:
“Bebe, non rompere le palle che la vita è una figata!”
La rinascita
Grazie alla sua forza d’animo, Bebe non si è lasciata sopraffare dalle conseguenze della grave malattia.
Con la grinta e la determinazione che le sono proprie, è tornata ad affrontare la vita con l’energia e il sorriso di sempre, riprendendo a fare ciò che faceva prima.
Uno dei suoi più grandi desideri era tornare a tirare di scherma.
Per questo, nel 2009, insieme ai suoi genitori, ha fondato art4sport, un’associazione senza scopo di lucro nata per aiutare bambini e ragazzi con amputazioni agli arti a riprendersi la vita attraverso lo sport.
Sono state acquistate una pedana per la scherma in carrozzina, una carrozzina su misura per lei e soprattutto sono iniziati gli studi per la realizzazione di una speciale protesi per permetterle di impugnare il fioretto.
Ai primi di maggio 2010 ha disputato la sua prima gara ufficiale a Bologna e da allora è stato un crescendo di gare sempre più esaltanti, che le hanno permesso di conoscere (e talvolta anche sfidare) grandi campioni della scherma italiana.
Ha preso parte a svariati programmi televisivi dove, raccontando la propria storia con semplicità e grande serenità, ha saputo toccare il cuore degli italiani.

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La storia sportiva di Bebe Vio
La storia sportiva di Bebe Vio è una rapida ascesa, avvenuta con l’aiuto delle sue insegnanti di sempre: Federica Berton e Alice Esposito.
Il primo titolo mondiale arriva nel 2015, a Eger, in Ungheria, durante i campionati di categoria.
Nel 2016, nei campionati europei assoluti, vince l’oro individuale e l’argento a squadre.
La vera consacrazione avviene con il titolo olimpico alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016, con la vittoria per 15-7 contro la cinese Zhou Jingjing.
Due giorni dopo arriva la seconda medaglia, con il bronzo vinto nella prova a squadre.
Il secondo titolo olimpico arriva a Tokyo 2021, sempre nella prova individuale, cui segue l’argento nella prova a squadre.
Ventiquattro anni e quattro medaglie olimpiche, di cui due ori individuali: la carriera nella scherma di Bebe Vio è straordinaria.
Il rapporto con la disabilità e il messaggio di speranza
Nell’immaginario collettivo è ancora difficile considerare una persona con disabilità capace di praticare sport, soprattutto ad alto livello.
Spesso rimaniamo stupiti dinnanzi alle immagini degli atleti paralimpici — e non solo per la loro forza d’animo, ma anche per il livello di competitività che riescono a mostrare.
Bebe Vio, con la sua ironia, racconta al mondo come dovrebbe essere trattato il tema della disabilità: con assoluta normalità.
Non bisogna nascondersi dietro retorica o buonismo.
Lei stessa ci insegna cosa significa vivere bene con sé stessi: a volte si toglie le protesi per fare selfie ironici (nella sua “collezione” ci sono personaggi come Barack Obama, Sergio Mattarella, Giorgio Napolitano e Usain Bolt).
Il messaggio è chiaro: trattare la persona disabile con “delicatezza” estrema e senza pretese è l’atteggiamento più sbagliato.
Il segreto è pretendere.
“Attraverso lo sport riusciamo a far capire che una cosa vista come un difetto, come un’amputazione o una disabilità, diventa una cosa di cui noi andiamo fieri.”